Ieri gli incidenti a Chiomonte, dove i No Tav si sono scontrati duramente con la polizia, oggi a Firenze era attesa la sentenza sull’attentato anarchico del capodanno 2017 con la presenza del ministro dell’Interno Matteo Salvini in città, contestualmente, in Parlamento si discuteva del decreto sicurezza bis, che prevede inasprimenti delle misure anche a carico dei manifestanti di piazza violenti: appare assolutamente priva di casualità l’azione di sabotaggio posta in essere tra le stazioni di Rovezzano e Firenze Campo di Marte.
Non è la prima volta che le azioni dimostrative degli estremisti (o quelle di semplici teppisti) prendono di mira i cablaggi delle linee ferroviarie allo scopo di bloccare il traffico dei treni.
Si era verificato nella stessa zona di Rovezzano il 21 dicembre 2014, quando venne ritrovata una bottiglia inesplosa contenente liquido infiammabile, fiammiferi e diavolina assicurati a essa.
Diciannove giorni prima, il 2 dicembre, anche in quel caso a Campo di Marte, dove una tanica piena di benzina venne rinvenuta su una gru utilizzata per i lavori della linea ad alta velocità. Ma anche in Emilia, al bivio Santa Viola di Bologna ad esempio, tutti episodi in seguito mai rivendicati.
Per altro, Rovezzano è anche il quartiere dove vennero scagliate alcune molotov contro una caserma dell’Arma dei Carabinieri, un episodio di violenza che vede imputati alcuni dei ventotto anarchici sotto processo a Firenze.
Quello di oggi è stato un attacco cosiddetto «multiplo», concepito cioè per interrompere o rallentare sia convogli ad alta velocità che treni regionali e interregionali, meccanismi ormai rodati da anni ai quali è stato fatto ricorso in tutta Europa.
L’incendio di natura dolosa ha interessato i tombini laterali ai binari della linea Roma-Firenze contenenti le canalette per la trasmissione dei dati, sabotaggio che ha provocato la cancellazione di quarantadue convogli.
Sul danneggiamento la Procura della Repubblica di Firenze ha aperto un’inchiesta, mentre sul stanno indagando Digos e Polizia ferroviaria.
Le ferrovie italiane sono dunque vulnerabili agli attacchi? A livello potenziale si configurano minacce di varia natura.
Attraverso dei cyberattacchi, qualora se ne disponessero le capacità, sarebbe anche possibile provocare lo scontro di due convogli ferroviari attraverso l’intrusione nel sistema elettronico di controllo e gestione delle linee e quindi anche degli scambi.
Azioni «cinetiche» poste in essere da terroristi armati potrebbero inoltre rinvenire quali loro obiettivi le carrozze di un treno in transito.
Poi ci sono le azioni criminali compiute all’interno dei treni stessi, sia di matrice religiosa, che politica o comune, un esempio di esse si rinviene nello sventato attacco al treno Amsterdam-Parigi dell’agosto 2015 a opera di un jihadista armato di Kalashnikov, fortunatamente sventato da tre passeggeri che si trovavano a bordo, tre militari Usa.
Infine, ci sono sabotaggi come quello compiuto oggi, che hanno provocato danni materiali ed economici ma non vittime.
In tutti i casi citati si tratta di azioni spettacolari in grado di captare le attenzioni dell’opinione pubblica.
Tutto può accadere, ovviamente, ma non per questo si deve però generalizzare sui pericoli indulgendo a facili allarmismi. Basta ragionarci, poiché da questo punto di vista la gran parte degli ambienti civili sono esposti ad attacchi terroristici o della criminalità organizzata.
Intanto, va considerato che nel caso del sabotaggio di Rovezzano i sistemi di sicurezza dalla Rete ferroviaria italiana una volta rilevato che i cavi erano sottoposti a una temperatura eccessiva hanno bloccato automaticamente il traffico sulla linea.
In Italia ci sono 18.000 chilometri di ferrovie, parte di essi attraversano centri urbani, parte zone montane, altre ancora sono in galleria.
È oltremodo evidente l’impossibilità di fare presidiare dalle forze dell’ordine o dai militari l’intera rete giorno e notte, dunque sarebbe banale parlare di vulnerabilità del sistema ferroviario italiano, in quanto – almeno allo stato attuale – non esistono sistemi «invulnerabili».
Il passato di questo Paese può insegnare molto da questo punto di vista. Infatti, quando il livello di allarme attentati divenne molto elevato si verificarono situazioni del genere.
Ad esempio durante il periodo del terrorismo sudtirolese, oppure poco tempo dopo nel corso della fase della cosiddetta «strategia della tensione». A quel tempo i controlli effettuati, seppure estesi e massivi (oltreché notevolmente onerosi), interessarono esclusivamente alcune specifiche tratte, come quelle altoatesine e quelle a cavallo tra la Toscana e l’Emilia.
Ma allora in che modo è possibile intervenire?
Mediante la generale prevenzione e l’attività degli organi preposti alla sicurezza. Due treni in marcia provenienti da direzioni opposte sul medesimo binario vengono rilevati e quindi la collisione evitata, un adeguato sistema di sicurezza riesce a prevenire e quindi a minimizzare le azioni criminali e terroristiche, così come a intervenire sul processo di radicalizzazione religiosa di un individuo flemmatizzandolo. Non è possibile eliminare totalmente la minaccia terroristica, tuttavia si può implementare l logica della «riduzione del danno», minimizzando gli effetti delle azioni criminali in attesa, in tempi diversi, di una estinzione delle cause loro scatenanti.
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