Torna a colpire al-Shabaab e lo fa in una fase nella quale la capitale somala stava faticosamente cercando di ritrovare un minimo di stabilità.
I terroristi hanno fatto nuovamente ricorso alla tecnica dell’auto-bomba per attaccare uno dei principali posti di blocco allestiti dalle forze di sicurezza nei pressi del complesso governativo dove ha sede anche il parlamento.
Il bilancio, che come sempre in questi casi deve considerarsi provvisorio, è di otto morti e quasi venti feriti.
Nella stessa giornata di ieri è stato compiuto un altro attentato, stavolta sulla strada che conduce all’aeroporto, dove l’esplosione di un ordigno non ha provocato vittime.
Entrambe le azioni terroristiche sono state successivamente rivendicate dal gruppo ribelle di matrice islamista radicale al-Shabaab, che hanno specificato di avere intrapreso una vera e propria strategia di attacco contro i posti di blocco (check-point).
Fonti riconducibili agli apparati di sicurezza somali, riguardo alla dinamica del secondo attentato, hanno riferito che la segnalazione preventiva dell’autobomba effettuata agli agenti di polizia che presidiavano il posto di blocco ha consentito loro di aprire il fuoco per tempo contro di essa, uccidendo uno dei terroristi che si trovava a bordo. Un secondo attentatore è stato arrestato successivamente.
Il veicolo è quindi esploso senza fare vittime, tuttavia non è chiaro se siano stati gli artificieri delle forze di sicurezza a farla “brillare” oppure se la carica sia esplosa a causa del funzionamento del proprio dispositivo di innesco.
Attualmente gli obiettivi principali degli islamisti radicali di al-Shabaab sono il governo somalo sostenuto dalla comunità internazionale e i 20.000 militari della missione dell’Unione africana in Somalia (Amisom), tuttavia le vittime sono spesso i civili.
A seguito della sua cacciata da Mogadiscio, avvenuta nel 2011, il gruppo radicale islamista ha perduto la maggior parte delle sue roccaforti, tuttavia riesce ancora a controllare vaste aree rurali, dalle quali muove per condurre azioni di guerriglia e attentati suicidi.
Tra i paesi che partecipano alla missione Amisom figura anche il Kenya, che ha scierato unità del proprio esercito nel sud della confinante Somalia, dunque a ridosso della propria porosa linea di frontiera, dove – impiegando anche le forze di polizia – cerca di garantire la sicurezza.
Ma sempre sabato scorso, otto poliziotti kenioti sono stati uccisi a causa dell’esplosione un ordigno artigianale proprio nel Wajir, contea al confine tra Kenya e Somalia, area regolarmente bersagliata dagli attacchi a sorpresa dei ribelli islamisti.
Il gruppo (o movimento) degli al-Shabaab inizia a manifestarsi in Somalia intorno al 2006, quando funge da braccio armato (secondo alcuni come “forza speciale”) per le cosiddette Corti islamiche, che avevano gradualmente assunto il controllo della capitale.
Tuttavia, pur mantenendo un certo grado di autonomia da queste ultime, non mancarono di creare loro fin da subito seri problemi di immagine a livello internazionale a causa dei crimini che andarono perpetrando.
Divennero infatti una cosa normale gli assassinii e i sequestri di persona e non soltanto a danno dei loro avversari politici.