ECONOMIA, transazioni occulte. Spostamento clandestino e illegale di enormi somme di denaro: il collaudato sistema dell’hawala

Trafficanti di esseri umani, armi e droga, contrabbandieri, terroristi, speculatori finanziari privi di scrupoli, ma anche poveri emigrati ricorrono quotidianamente alla pratica dell’hawala, inventata molti secoli or sono dai cinesi e poi adottata dai mercanti arabi. Oggi lo fanno soprattutto gli immigrati asiatici e africani per inviare le loro rimesse ai paesi di origine, ma anche pericolose organizzazioni dedite al crimine. La recente operazione della Guardia di Finanza a Udine ha portato all’arresto di due pakistani gestori di un Internet point

Il continuo via vai di migranti, molti dei quali risultati pregiudicati per vari reati, persone difficilmente attratte dagli accessori di telefonia in vendita dall’Internet point o dalle poche postazioni per la navigazione in rete allestite al suo interno, aveva fatto sorgere nei finanzieri del Comando Provinciale Udine il sospetto che l’attività esercitata da quei due immigrati asiatici nel locale di via Benedetto Croce, in Borgo Stazione a Udine, fosse in realtà un’altra.

E infatti lì dentro si praticava principalmente l’esercizio abusivo di servizi di pagamento e finanziamento mediante il sistema dell’hawala, che si caratterizza per la totale assenza di tracciabilità ed è vietato sia dalle leggi italiane che dalle normative internazionali antiriciclaggio, che ne permette invece l’esercizio soltanto a operatori preventivamente autorizzati e iscritti in appositi albi.

È stato così che il dottor Giorgio Milillo, Sostituto Procuratore della Repubblica del capoluogo friulano, ha disposto il sequestro preventivo del locale e l’immediata cessazione dell’attività.

Le Fiamme gialle ritengono che i due denunciati siano soltanto due “pedine”, un convincimento maturato a seguito dell’intervento dei baschi verdi (coadiuvati dalle unità cinofile del Corpo) effettuato nelle prime ore del mattino dello scorso venerdì nell’abitazione dove alloggiavano.

Infatti, se fino a quel momento si riteneva che essi fossero il punto di riferimento per una serie di soggetti (gli immigrati afghani e pakistani) e che movimentando ingenti somme di denaro ricoprissero una posizione sociale di rilievo all’interno del loro gruppo etnico di origine, o comunque un livello apicale nell’organizzazione, le condizioni di vita poi riscontrate nella casa hanno fatto pensare il contrario.

Il gestore dell’Internet point e il suo presunto complice dormivano in terra assieme ad altri diciassette immigrati, nelle medesime condizioni di un profugo giunto in Occidente il giorno prima.

Quella attorno alla stazione ferroviaria è divenuta una zona ad elevata presenza di afghani e pakistani, sia in Borgo Stazione che oltre, lungo Viale Palmanova e Via Pozzuolo, le diramazioni stradali periferiche in uscita dalla città.

Nel corso di successive perquisizioni i militari della Guardia di Finanza hanno rinvenuto denaro, tabacco da masticare di contrabbando e telefoni cellulari, questi ultimi utilizzati con ogni probabilità nelle attività transattive illecite, dispositivi di comunicazione la cui analisi si aggiungerà alle indagini tecniche precedentemente condotte.

In specie per lo scambio dei codici di pagamento, effettuati mediante messaggistica e il ricorso da applicazioni particolari che sono in grado di sfuggire alle intercettazioni telefoniche, a meno che gli inquirenti non impieghino trojan.

Da eventuali tracce residue ricavate dei telefonini nel possesso dei due pakistani si cercherà di estrarre ulteriori informazioni utili all’indagine, magari riguardo alla provenienza del denaro spedito all’estero.

Il sistema dell’hawala sfugge completamente ai controlli delle autorità e vi fa quindi ricorso chi non ha intenzione di far figurare movimentazioni di somme di denaro da e verso l’estero, specie quando ingenti e frutto di attività criminose.

Lo schema di pagamento informale e illecito basa su un solido pilastro fiduciario ed è rapido e conveniente per l’utente.

A fronte di un costo ridotto del servizio rispetto ad altre forme di trasferimento (come ad esempio i money transfer), grazie all’intermediazione del cosiddetto hawalader ermette il rapido passaggio di una somma di denaro tra due soggetti in paesi diversi.

L’hawalader, ricevuto il denaro e trattenutane la commissione concordata, contatta il suo omologo nel paese estero fornendogli l’ordine di pagamento della somma da versare al soggetto destinatario, che per confermare la sua identità al momento della riscossione dovrà esibire un codice alfanumerico.

La compensazione tra i due intermediari avverrà poi in un secondo momento.

Già ottimamente inseriti nella rete hawala, i due gestori dell’Internet point di via Benedetto Croce, entrambi cittadini pakistani di trenmtatré anni (uno di essi, il titolare dell’esercizio, già denunciato in precedenza dalla Polizia di Stato per ricettazione) avevano realizzato un vero e proprio sportello per la ricezione e l’invio di denaro, un’attività resa ancor più sospetta a causa dell’inesistenza di fonti ufficiali di reddito dei mittenti, esclusivamente immigrati afghani e pakistani, che erano comunque nelle condizioni di spedire ai loro paesi di origine ingenti somme di denaro in contanti.

In Italia, anche a causa della forte presenza di immigrati di religione islamica – ma non solo però, tenuto conto infatti anche di altri gruppi di diversa provenienza, come filippini e indiani non musulmani – il rapporto tra le diverse forme di trasferimento risulta comunque sbilanciato in sfavore delle rimesse bancarie e registra la prevalenza sia di quelle mediante money transfer che di quelle conformali come l’hawala.

 

Il sistema di trasferimento occulto. La hawala (ḥawāla, conosciuta anche come hundi) è un sistema informale di trasferimento di valori basato sulle prestazioni e sull’onore di una vasta rete di mediatori, localizzati principalmente in Medio Oriente, Nord Africa, nel Corno d’Africa ed in Asia meridionale.

Si stima che una buona parte delle organizzazioni islamiche – delle quali non poche hanno legami con l’islamismo radicale quando non addirittura con il terrorismo jihadista -, dispongano di sostanziose risorse finanziarie, quantificabili complessivamente nell’ordine delle decine di miliardi di dollari.

Riguardo alla loro provenienza spesso si conosce poco, questo anche a causa delle strutture fiscali dei Paesi islamici, che rende difficoltoso il controllo sulle erogazioni effettuate da enti a scopo filantropico e su quelle di singoli individui.

In molti stati, ad esempio, la zakat (precetto dell’elemosina che ogni buon musulmano deve fare), quando è versata da una società non viene inscritta in bilancio alla voce uscite tributarie, poiché viene considerata come un versamento volontario, una liberalità per la quale non vige l’obbligo della registrazione.

Inoltre, fino a pochi anni fa in parte di questi stessi paesi la maggioranza delle transazioni bancarie veniva effettuata in denaro contante in ragione del retaggio di società tribali ancora fortemente legate all’uso di denaro liquido.

Dunque, molti dei flussi di denaro non risultano individuabili e questo anche a causa del ricorso al sistema transattivo dell’hawala, mediante il quale il denaro in contanti versato in un paese (poniamo, l’Italia) viene successivamente incassato in un altro (ad esempio in Pakistan o in Afghanistan) e al termine dell’operazione tutti i dati contabili vengono distrutti.

Proprio come si è verificato nell’Internet point di Udine, fino a che nei giorni scorsi i militari della Guardia di Finanza non sono intervenuti denunciando i gestori e sequestrando il locale.

Anche nella città friulana si era fatto ricorso all’hawala, una pratica che affonda la sua storia nel passato, quando venne inventata dagli antichi cinesi per essere adottata, in seguito, dai mercanti arabi.

Fu poi a cavallo degli anni Sessanta e Settanta che il sistema di transazione riprese vigore, quando si verificò l’ondata di emigrazione dai paesi del Terzo mondo, nonché da coloro i quali volevano aggirare le limitazioni imposte sulle importazioni di oro nel Sudest asiatico.

Attualmente l’hawala viene utilizzato a vari scopi dalla massa di immigrati asiatici e africani, che attraverso di esso possono spostare denaro senza bisogno di dichiarare né la propria identità né quella del destinatario dell’operazione, inoltre le commissioni sono più basse di quelle normalmente pagate agli operatori che offrono questo servizio con metodi legali, infine la durata della transazione è più breve.

Per gli hawalandar – cioè gli intermediari nel trasferimento del denaro – risulta possibile praticare un prezzo inferiore (generalmente l’uno o il due per cento della somma trasferita all’estero) poiché rinvengono parte dei loro guadagni non tanto dall’operazione in sé, quanto dalle fluttuazioni sui mercati valutari e dalle percentuali ricavate sulle transazioni aventi a oggetto grandi somme di denaro, che possono essere proventi di traffici di armi e sostanze stupefacenti, da contrabbando di diversa natura e dal finanziamento dei gruppi armati, sia guerriglieri che terroristici.

I due trentatreenni gestori dell’Internet point del capoluogo friulano sono entrambi originari del Pakistan, un paese nel quale (anche in ragione della debolezza del locale sistema bancario) l’utilizzo dell’hawala è estremamente diffuso e raggiunge volumi di transito di diversi miliardi di dollari ogni anno.

 

Hawala e terrorismo. Hawalandar pakistani figurarono tra i finanziatori degli attentati compiuti nel 1998 contro le ambasciate statunitensi in Africa, mentre i servizi segreti di Islamabad (Isi) attraverso una rete di hawala finanziavano i gruppi armati separatisti attivi nel Kashmir contro le forze armate e la polizia indiana.

Lo stesso Usama bin Laden fece ricorso a questo sistema nella fase di ristrutturazione finanziaria della propria organizzazione terroristica, al Qaeda, avvenuta in via preventiva alcuni mesi prima del compimento degli attentati dell’11 settembre 2001.

Si trattò di una mossa spregiudicata e avveduta (dal punto di vista dello «sceicco del terrore»), poiché portò al contemporaneo conseguimento di due importanti obiettivi: la messa in sicurezza delle finanze riconducibili all’organizzazione in previsione delle reazioni che sarebbero scaturite dagli attacchi terroristici (misura di fondamentale per la sua futura sopravvivenza) e lo sfruttamento a proprio vantaggio dai mutamenti del mercato che sarebbe seguito a quegli stessi attentati (come la svalutazione del dollaro rispetto all’euro e al franco svizzero).

Infatti, al Qaeda per spostare il denaro e i beni facilmente convertibili (principalmente oro) oltreché dei corrieri si servì anche dell’hawala, che permisero in un prima fase i trasferimenti dall’Afghanistan e dal Pakistan a Dubai, dal Golfo Persico al resto del mondo dove era presenta la rete terroristica in quella successiva.

Non è casuale quindi che gli hawaladar siano strettamente legati ai broker del metallo prezioso, in quanto gli permette scambi sicuri in tempi ridotti anche di grandi quantità di oro, bene che costituisce una riserva di liquidità convertibile in breve tempo in qualsiasi valuta.

Ma assieme agli jihadisti, prima degli attentati nel 2001, negli anni Ottanta a servirsi dell’hawala fu anche la Central Intelligence Agency statunitense, con lo scopo di finanziare la guerriglia antisovietica in Afghanistan.

In questo senso, il servizio segreto “amico” (l’Isi pakistano) veniva rifornito di denaro tramite trasferimenti di valuta elettronica, mentre i comandanti mujaheddin ricevettero invece il denaro per mezzo del sistema informale.

Langley ricorse all’hawala per semplificare l’operazione e anche per evitare di inviare propri agenti sul posto col denaro contante al seguito, modalità che li esponeva a rapine ed assassinii.

Condividi: