ECONOMIA, guerra commerciale Usa-Cina. Trump stringe i cinesi all’angolo

Misure protezionistiche senza fine e l’escalation rischia di andare fuori controllo. Resta ovviamente aperto il «dossier telecomunicazioni» con le pressioni esercitate da Washington sui britannici perché mollino i cinesi sul 5G. infine il Messico, «che va punito perché si è approfittato degli Stati Uniti per decenni realizzando una fortuna»: stop ai migranti altrimenti sanzioni economiche. E la borsa va giù.

La Cina Popolare inizierà oggi ad applicare una serie di dazi tra il 5% e il 25% su un volume di sessanta miliardi di dollari di importazioni statunitensi, un provvedimento preso in risposta alle tariffe al 25% imposte dall’amministrazione Trump sui prodotti cinesi per un ammontare pari a duecento miliardi di dollari.

L’annuncio è stato dato mediante una circolare diffusa dall’amministrazione generale delle dogane cinesi, secondo cui il provvedimento andrà a colpire complessivamente 5.410 prodotti.

Tra Pechino e Washington resta inoltre aperto anche il dossier relativo alle telecomunicazioni. «Bisogna essere sicuri che le reti di dati su cui viaggiano le informazioni americane siano affidabili e non siano nelle mani del partito comunista cinese». Queste le parole pronunciate dal segretario di stato americano Mike Pompeo, che riferendosi alla vicenda che investe direttamente il gigante cinese del settore (Huawei), in particolare per le tecnologie 5G delle quali è all’avanguardia nello sviluppo, ha aggiunto che «la Cina sta minacciando la sicurezza nazionale Usa e delle democrazie occidentali in tutto il mondo».

Trump vorrebbe che sul 5G anche il Regno Unito applicasse il divieto a danno della società cinese delle telecomunicazioni, argomento che verrà trattato al prossimo vertice in programma a Londra in giugno. A quel tavolo farà pesare la loro minaccia di limitare la condivisione di intelligence con i britannici qualora questi consentiranno a Huawei di partecipare alla realizzazione della rete 5G nel paese. Infatti, finora gli americani non sono ancora riusciti a convincere (o a obbligare) gli inglesi a bandire Huawei dalle reti 5G.

Il National security council britannico ha temporaneamente stabilito che i cinesi potranno fornire tecnologie non-core destinate alla rete mobile di nuova generazione, però non potranno fare altrettanto  con i software e alcune componenti per le connessioni a Internet.

In forza del suo “ordine esecutivo sulla sicurezza delle infrastrutture nazionali delle comunicazioni” emanato di recente, Trump è in grado di regolare personalmente le relazioni commerciali del suo paese qualora si verifichino condizioni di emergenza. Un arma formidabile nelle mani dell’amministrazione repubblicana attualmente in carica a Washington, che limita non poco  i cinesi, poiché adesso non potranno più comprare tecnologie prodotte negli Usa senza avere un’autorizzazione speciale e non potranno neppure vendere le loro attrezzature agli operatori americani.

Di risulta, Google non fornirà più a Huawei gli aggiornamenti destinati al sistema per smartphone Android , mentre Microsoft non accetterà più ordinativi relativi al sistema Windows per i laptop prodotti in Cina,  questo mentre altre società americane sono pronte a interrompere i loro rapporti con i cinesi.

Il bando Usa nei confronti del colosso di Shenzhen per il momento è stato congelato, ma in tre mesi si dovrà trovare una soluzione al problema. Sarà difficile, poiché Pechino ha reso noto che non accetterà ricatti e non tollererà politiche rivolte a soffocare lo sviluppo della propria economia. Una guerra commerciale che rischia dunque di avvitarsi su sé stessa diffondendo nel resto del mondo i suoi effetti deleteri.

Estromessi dal mercato Usa, i cinesi hanno intanto risposto allontanando tutti i dipendenti americani in precedenza assunti nel loro campus di Shenzhen per le attività di ricerca e sviluppo e cancellando inoltre i meeting tecnici in programma.

Tuttavia, Trump procedere imperterrito sulla sua strada travolgendo come un bulldozer grandi e piccoli concorrenti. Come il confinante Messico, che – lo ha affermato ieri – «si è approfittato degli Stati Uniti per decenni realizzando una fortuna sulle spalle dell’America». L’inquilino della Casa Bianca ha concluso la sua requisitoria diffusa mediante un tweet affermando che «ora è il momento che (il Messico) faccia quello che deve fare».

È l’ulteriore fase di attacco al vicino meridionale, nei confronti del quale Washington ha annunciato dazi in una misura del 5% a partire dal 10 giugno come «punizione» per la crisi dei migranti.

Stop ai flussi di disperati oppure verranno imposti dazi su tutte le importazioni dal Messico, paese che è uno dei maggiori partner commerciali degli Usa.

Come effetto di questo annuncio numerosi titoli azionari quotati in borsa hanno perso valore.

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