IRLANDA, società. Divorzio da oggi più facile, la secolarizzazione avanza

Nell’election day del giorno delle europee, al referendum i sì avrebbero raggiunto l'87%. Se confermati, i risultati emersi dagli exit pool rappresenterebbero un grande successo in un paese dalle tradizioni profondamente cattoliche

Anche nella cattolica Irlanda divorziare sarà più semplice, infatti nel referendum per il quale i cittadini dell’isola sono stati chiamati alle urne (ieri si votava anche per il rinnovo del Parlamento europeo) gli exit pool indicherebbero una schiacciante maggioranza di voti, l’87%, si sarebbe detta favorevole alla semplificazione della procedura di divorzio.

Soltanto una piccola dell’elettorato (il 12%) si sarebbe invece detta contraria, mentre l’1% non ha indicato la sua preferenza sulla scheda oppure si è rifiutato di rispondere al quesito.

Il sondaggio effettuato fuori dai seggi in 156 località nell’intera Repubblica solitamente presenta un margine di errore intorno al 3 per cento.

Ai cittadini irlandesi è stata sottoposta la possibilità di modificare due istituti che regolano la legge attualmente vigente in materia: la durata del periodo in cui i coniugi devono vivere separati prima di poter presentare istanza di divorzio e il riconoscimento in Irlanda dei divorzi ottenuti all’estero.

Se, come si prevede, vinceranno i sì, la costituzione non obbligherà più un coniuge a vivere separato per almeno quattro anni prima di chiedere il divorzio. Il governo di Dublino ha reso noto che in questo caso proporrà al parlamento il varo di una legge che consentirà al coniuge di poter ottenere lo scioglimento del suo matrimonio anche dopo aver vissuto separato dall’altro per almeno due degli ultimi tre anni prima della richiesta.

La vittoria del sì, inoltre, renderebbe esplicito il riconoscimento nella costituzione dell’Eire dei divorzi ottenuti fuori dall’Irlanda.

È evidente che il Paese, da sempre connaturato per la profonda e diffusa fede cattolica della popolazione, si va sempre più secolarizzando. Negli ultimi decenni la laicizzazione risulta sempre più marcata, inoltre, altri fattori, in questo caso patogeni, come gli scandali interni alla Chiesa venuti alla luce di recente, hanno contribuito a questo radicale cambiamento.

Se fino a pochi anni fa omosessualità e divorzio erano considerati illegali, il movimento femminista rivestiva un peso del tutto trascurabile nella società, oggi la popolazione cattolica realmente praticante si è di molto ridotta.

Nel 1995 un referendum ha legalizzato il divorzio, nel 2015 è stato introdotto il matrimonio tra persone dello stesso sesso e nel maggio dello scorso anno in un referendum il 66% degli irlandesi ha votato a favore della rimozione del divieto di aborto dalla costituzione.

Ovviamente alla base di tutto questo risiedono ragioni ben precise. Sono la globalizzazione e la spinta indotta nei costumi dal cambiamento tecnologico, che è stata portatrice di valori diversi da quelli che avevano informato per tanto tempo quella società profondamente permeata dalla fede cristiana. Cosmopolitismo, modernità e miglioramento dei livelli di istruzione hanno portato al superamento di quella tradizionale deferenza nei confronti di morale e strutture clericali che in precedenza erano apparse immutabili e sempiterne.

Nel recente passato, in occasione della visita di Giovanni Paolo II nel Paese, alcuni commentatori registrarono il dilagare di «materialismo e consumismo», l’avvento di una società «marcatamente narcisista», di una «cultura di gratificazione istantanea, senza responsabilità o implicazioni sempre più diffusa».

Essi non fecero altro che fotografare l’inizio della fine del dominio della Chiesa sulla vita degli irlandesi, un processo inesorabile che ha trovato una conferma anche nell’esito di questo referendum.

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