Resiste per oltre cinque minuti, poi crolla. Sono da poco passate le 11 quando Theresa May annuncia la sua decisione di rassegnare le dimissioni, ufficiali dal prossimo 7 giugno. Ma si commuove e piange solo dopo, quando ricorda con orgoglio di essere stata la seconda leader donna del Regno Unito dopo Margaret Thatcher. E richiama alla memoria «l’onore» della sua vita: avere servito da primo ministro «il paese che amo».
L’atteso discorso di Theresa May, davanti l’ingresso di Downing Street, ha dunque avuto la sua conclusione più scontata. Dilaniata da divisioni interne al suo partito conservatore e da un rifiuto dell’accordo di Brexit sbattutole in faccia per tre volte dal Parlamento di Londra, May ha scelto di uscire di scena. Questa mattina ha incontrato Graham Brady, presidente del Comitato 1922, che riunisce tutti i parlamentari Tory tranne quelli che siedono nel governo. Poi ha spiegato le sue intenzioni: le dimissioni da leader del partito conservatore saranno ufficiali dal prossimo 7 giugno; il processo di nomina del suo successore inizierà la settimana successiva, lunedì 10, e secondo le previsioni del presidente dei Tory Brandon Lewis dovrebbe terminare con un voto finale a metà luglio.
Nel 2016, ha ricordato May, i britannici hanno avuto la possibilità di scegliere e si sono espressi «per uscire dall’Unione Europea». E «se in una democrazia si dà al popolo la possibilità di esprimersi, si ha l’obbligo di attuare la decisione», ha aggiunto. Per riuscirci, il primo ministro uscente ha fatto «tutto il possibile». Ha negoziato con Bruxelles, ha raggiunto un accordo, lo ha portato in Parlamento. «Per tre volte ci ho provato, senza riuscirci», ha ricordato, esprimendo il proprio rammarico per avere fallito il tentativo di «onorare il voto del referendum». Impossibile, allora, andare oltre. «Ora mi è chiaro», ha confermato May. «È nel migliore interesse del Regno Unito che un nuovo primo ministro conduca questo sforzo». Per la premier uscente, il suo successore dovrà trovare un consenso in Parlamento che sia frutto di un «compromesso» tra gli opposti schieramenti. Ma non tutti sono d’accordo e le schermaglie verbali su chi dovrà condurre il nuovo esecutivo sono già iniziate.
Per il leader laburista Jeremy Corbyn, Theresa May ha finalmente accettato «ciò che il Paese riconosce da mesi: non può governare» e non può farlo «neppure il suo partito, che è diviso e disintegrato». Chiunque sarà leader dei Conservatori dopo May, dunque, «dovrà lasciare che il popolo decida il futuro del paese, attraverso un’elezione generale immediata». Una posizione critica è stata espressa anche dal leader del Brexit Party, Nigel Farage, secondo il quale il primo ministro uscente «ha frainteso l’umore del Paese e del suo partito». «Se ne sono andati due leader Tory con sentimenti filo europei. O il partito impara questa lezione o muore», ha commentato. E se per la premier scozzese Nicola Sturgeon le dimissioni di May «non risolvono il caos Brexit creato dai Tory», per l’ex capo della diplomazia britannica Boris Johnson è arrivato il momento «di portare a termine l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea». L’ex ministro degli Esteri è stato tra i conservatori più critici nei confronti dell’accordo raggiunto dal premier uscente con Bruxelles sulla Brexit ed è considerato ora il più probabile suo successore a Downing Street. «Grazie per lo stoico servizio reso al nostro Paese e al partito conservatore. Adesso è giunto il momento di seguire le sue esortazioni: unirci e portare a termine la Brexit», ha commentato su Twitter.
Sul fronte europeo, la cancelliera tedesca Angela Merkel, tramite un portavoce, ha fatto sapere di avere appreso «con rispetto» la notizia delle dimissioni di May, con cui intende lavorare «fino a quando rimarrà in carica». Il presidente francese Emmanuel Macron, invece, ha chiesto «un rapido chiarimento» sulla Brexit, perché sulla questione «non è possibile rimanere indefinitamente nell’incertezza». Il Cremlino, invece, «non trova» le parole per apprezzare il contributo di Teresa May per la cooperazione di Londra e Mosca. «Sfortunatamente, non ricordo pietre miliari legate al suo contributo per lo sviluppo delle relazioni con la Russia, anzi, al contrario», ha spiegato Dmitry Peskov, portavoce di Vladimir Putin. «Theresa May è una donna coraggiosa che merita un grande rispetto», ha invece commentato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, secondo la portavoce Mina Andreeva, che ha escluso cambiamenti di linea sulla Brexit.