CRIMINALITÀ, contrasto. 23 maggio, anniversario della strage di Capaci: commemorazioni in tutta Italia

Ventisette anni fa venivano assassinati Giovanni Falcone, sua moglie e la sua scorta. Oggi è la giornata del ricordo, ma anche della riflessione e dell’impegno. Da Palermo a Roma le testimonianze sul contrasto al crimine organizzato. «Segui i soldi e arriverai ai criminali», questo diceva sempre il capo del “pool antimafia”. Presentato a Ostia il volume “Le misure di prevenzione patrimoniale di cui alla normativa antimafia”

Ricordati quest’oggi, a ventisette anni di distanza dal loro assassinio per mano della mafia, il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, anch’ella in magistratura, e i loro tre agenti di scorta in forza alla Polizia di Stato, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Accadde sull’autostrada Palermo-Trapani, all’altezza dello svincolo di Capaci, località in seguito divenuta sinistramente nota. I mafiosi di cosa nostra fecero saltare in aria un intero tratto di carreggiata utilizzando una quantità spropositata di esplosivo mentre transitavano le tre Fiat Croma blindate, che non ebbero scampo.

I corleonesi di Riina avevano un progetto ben preciso, colpire duramente lo Stato nelle persone degli uomini che più lo rappresentavano nella Procura della Repubblica del capoluogo siciliano.

A quella di Capaci ben presto – il 19 luglio di quello stesso anno – sarebbe seguita un’altra tremenda strage, quella di via D’Amelio nella quale trovarono la morte il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, anche stavolta appartenenti alla Polizia di Stato: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Da allora anni di inchieste, arresti, dichiarazioni di “dichiaranti” e “collaboratori di giustizia” attendibili e dichiarazioni false, depistaggi e verità, “corvi” e sospetti, processi e sentenze.

Oggi cosa nostra non è più quella tracotante e potente che, uscita vittoriosa dalla guerra di mafia che insanguinò la Sicilia fino a primi anni Ottanta, nera in grado di dettare legge attraverso la sua “cupola” e l’articolazione militare articolata per mandamenti.

Oggi cosa nostra è in difficoltà proprio grazie all’impegno profuso nel suo contrasto de magistrati e uomini delle forze dell’ordine come furono falcone, Borsellino e i poliziotti che erano con loro.

Oggi i capi di cosa nostra sono morti in carcere, solo pochi elementi apicali di un’organizzazione ormai depotenziata, seppure ancora molto pericolosa, sono in libertà. Latitanti.

Altre organizzazioni criminali sono invece cresciute in potenza, come la ‘ndrangheta calabrese ad esempio, che, forte anche del suo retroterra antropologico, ha saputo meglio resistere al contrasto dello Stato nei suoi confronti e si è internazionalizzata inserendosi perfettamente nel panorama criminale globalizzato.

Furono tante le intuizioni di Falcone e dei suoi collaboratori, tra queste quella che vedeva proprio nell’internazionalizzazione del crimine organizzato uno dei pericoli maggiori, reso ancor più difficile da contrastare a causa della velocità assunta dal processo di globalizzazione a partire dalla fine degli anni Novanta.

Mafia, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita, oltre ad altri numerosi sodalizi criminali attivi nel Paese e in solidi legami con organizzazioni similari estere per porre in essere volumi sempre crescenti di affari illegali.

Sono molti i cespiti del crimine. Droga, appalti pubblici, immigrazione clandestina, estorsioni, prostituzione, business dello smaltimento dei rifiuti e altro.

Inoltre il riciclaggio del denaro che da tali attività dal crimine viene ricavato, quel denaro sporco che poi viene immesso nell’economia sana e l’inquina.

«Seguiamo il denaro per arrivare ai criminali», una frase ripetuta spesso dal capo del pool antimafia, divenuta in seguito il paradigma del noto “metodo Falcone”.

Quale modo migliore per ricordare il magistrato assassinato dalla mafia se non partire da qui, come hanno fatto a Palermo questa mattina le alte cariche dello Stato, i colleghi della magistratura di Falcone e Borsellino, poliziotti, carabinieri, finanzieri e anche giornalisti.

Come è stato fatto a Ostia, nella sede della Scuola di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, dove in occasione della commemorazione della strage di Capaci è stato presentato il volume “Le misure di prevenzione patrimoniale di cui alla normativa antimafia”, un’opera degli ufficiali frequentatori del 46º Corso Superiore di Polizia economico-finanziaria.

Un’iniziativa volta a celebrare il ricordo di quel sacrificio al fine di mantenerne concretamente viva la memoria nelle giovani generazioni, rappresentati nell’aula magna della caserma IV Novembre del Lido di Roma da duecento studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado.

«La mafia – affermava sovente Falcone – è una cosa degli uomini e come tutte le cose degli uomini ha un inizio e una fine», dunque non va mitizzata, poiché prima o poi, in una maniera o nell’altra, verrà annientata. Smantellata. Finirà. Ma è necessario mantenere alta la guardia.

Oggi, 23 maggio, giornata del ricordo e della riflessione è un’occasione per ricordarlo.

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