Esauritosi lo slancio della controffensiva delle forze del governo di Tripoli (quello presieduto da al-Serraj), nei sobborghi meridionali della capitale per il momento si combatte una guerra di posizione.
La compagine del maresciallo Khalifa Haftar (signore della guerra di Tobruk sostenuto da Francia, Egitto, Russia ed Emirati arabi uniti) ha avuto ragione di quest’ultimo slancio nemico sul campo di battaglia anche grazie all’impiego di velivoli senza pilota armati di ordigni da caduta (i famosi UCAV) fornitigli proprio dai suoi alleati emiratini.
E al riguardo l’Onu avrebbe aperto un’inchiesta per la probabile violazione dell’embargo internazionale sulla cessione di materiali d’armamento ai belligeranti libici.
Malgrado il temporaneo stallo alla periferia di Tripoli, Haftar comunque non demorde e manda a dire attraverso il suo ministro degli esteri, Abdulhadi Ibrahim Jahwee, che è deciso a marciare con le sue truppe sulla capitale e che, testuali parole, «il dialogo verrà dopo».
Intanto, però, sulle sue direttrici di avanzata delle milizie che a lui fanno capo c’è anche la città di Zawiya, centro industriale e petrolifero che ospita una delle più grandi raffinerie del Paese nordafricano. L’impianto, gestito dalla compagnia nazionale del petrolio (NOC, National Oil Corporation) ha una capacità produttiva di oltre 220.000 barili al giorno di greggio, ed è collegata per mezzo di pipeline ai giacimenti El Feel (Elephant), Hamara e Sharara, situati nelle zone meridionale e centro occidentale della regione.
Uno sviluppo della situazione che ha allarmato gli operatori del settore energetico italiani impegnati in Libia.
«Temiamo per i siti produttivi – ha affermato Michele Marsiglia, presidente di Federpetroli Italia -, poiché già nella tarda serata di ieri abbiamo appreso della continua offensiva da parte delle truppe libiche in capo al Governo di Tobruk presso Zawiya».
Lo stesso Marsiglia ha poi ricordato che «la raffineria è un orgoglio italiano, fu costruita in gran parte dalla nostra Snam Progetti negli anni Settanta – e ha poi aggiunto -, pensavamo che la scorsa settimana con l’inizio del Ramadan gli scontri potessero avere una tregua momentanea, ma così non è stato.
Il presidente di Federpetroli Italia ha infine concluso l’allarmato appello affermando di attendere nelle prossime ore l’evolversi della situazione, questo mentre proseguiranno i tentativi di contatto con altri riferimenti in zona al fine di avere maggiori informazioni sugli sviluppi della situazione.
Prima della caduta di Gheddafi e della conseguente guerra civile la Libia era il maggiore produttore di petrolio nel continente africano e il nono paese al mondo per riserve petrolifere, con una produzione di greggio che si attestava a 1.700.000 milioni di barili al giorno, livello che in seguito è crollato.
Al momento in Libia ai siti estrattivi a rischio sono state chiuse le valvole, quindi non c’è erogazione di materie prime energetiche e, conseguentemente, neppure di flussi verso l’Italia. Le imprese che sarebbero intenzionate a operare in Libia per il momento non mettono piede a Tripoli e tutti gli incontri con i referenti libici del settore avvengono a Malta, questo mentre le imprese italiane (e anche quelle estere come la Total) hanno in parte evacuato il loro personale. Regge comunque la rete diplomatica italiana, con l’ambasciatore nella sua sede a Tripoli.
Della situazione libica, con specifico riferimento al comparto energetico, inisedertend.it ha parlato con Michele Marsiglia, presidente di Federpetroli Italia. L’audio dell’intervista è fruibile di seguito su questo sito.
A138 – LIBIA, GUERRA CIVILE: EFFETTI SUL PETROLIO, a rischio gli impianti italiani; l’allarme lanciato dal presidente di Federpetroli Italia MICHELE MARSIGLIA a seguito dell’inizio dell’avanzata delle milizie del maresciallo Khalifa Haftar in direzione di Zawiya.