In Israele si è tornati a udire il triste e sinistro suono delle sirene di allarme. Ashkelon, Ashdod, Rehovot, Sderot oltre a tutta la zona a ridosso della barriera di confine con la Striscia di Gaza sono state interessate dagli attacchi palestinesi.
Nel cielo sereno, nitide, sono apparse le scie dei razzi lanciati dalla Striscia di Gaza. Oltre duecento. In alcuni casi il sistema antimissile Iron Dome li ha intercettati e li distrutti. Ordigni che non hanno quindi colpito il territorio israeliano, ben presto rimpiazzati da altri che invece sono arrivati sull’obiettivo, distruggendo case e in qualche caso ferendo anche persone.
Nessuna vittima tra gli israeliani, mentre di là, in quella fettuccia di terra sovrappopolata e disperata ormai da anni governata dagli islamisti di Hamas, i morti invece si contano, come sempre.
Una bambina di un anno e due mesi è morta a seguito delle ferite riportate in un attacco israeliano a Beit Lahia nel nord della Striscia, dove, secondo quanto riferiscono i media palestinesi, ci sarebbero altri tre feriti, tra i quali un bambino.
Gli attacchi palestinesi hanno avuto inizio alle dieci del mattino di oggi e sono proseguiti anche nel primo pomeriggio. Nessuna vittima, il sistema di allerta e allarme è collaudato, quindi la popolazione il più delle volte riesce a raggiungere per tempo i rifugi o le zone protette delle proprie abitazioni.
I razzi di Hamas (e con ogni probabilità dell’altro gruppo islamista, minoritario ma attivo nella Striscia, la Jihad islamica, in passato ritenuta vicina all’Iran), seppure a casaccio sono comunque andati a segno facendo danni e ingenerando paura nella gente. Colpite delle case e una strada di grande comunicazione presso Ashkelon.
Magen David Adom (la croce rossa israeliana) in un comunicato ha reso noto che, a parte un ragazzo di 15 anni leggermente ferito mentre correndo verso un rifugio e due persone che sono state colpite da shock, non si registrano casi di lesioni gravi nelle persone. Al contrario, le strutture sanitarie palestinesi hanno comunicato che nella Striscia di Gaza un uomo di ventidue anni è stato ucciso e almeno quattro persone ferite.
Le stesse fonti non hanno specificato se le vittime fossero degli affiliati a gruppi di attivisti o terroristici, tuttavia, indiscrezioni amplificate dai media indicano l’uomo ucciso quale componente di una squadra di lancio dei razzi intento a lanciare ordigni contro Israele.
Infatti, nell’immediatezza degli attacchi nessuna organizzazione palestinese ha rivendicato la paternità dei lanci.
Soltanto in seguito Hamas, in una sua dichiarazione ufficiale, ha affermato di essere «pronto a rispondere ai crimini di Israele», giurando contestualmente di «impedirgli di versare il sangue del popolo palestinese».
In seguito si è espressa anche la Jihad islamica, che ha ammonito Israele a desistere dall’aggressione, poiché se persevererà «dovrà affrontare delle sorprese», questo mentre un portavoce dei Comitati di resistenza popolare ha sottolineato la possibilità che anche i gruppi a essi riconducibili potrebbero attaccare lo Stato ebraico.
Il fragile cessate il fuoco lungo la linea di confine faticosamente raggiunto starebbe dunque vacillando sotto i colpi di entrambi gli schieramenti.
Infatti, Israele non è rimasto a guardare e ha risposto alla pioggia di razzi per mezzo della propria aeronautica militare, che ha colpito almeno due nuclei di lanciatori palestinesi, mentre i Merkava tiravano su diverse postazioni di Hamas all’interno della Striscia.
L’escalation. Terminate le consultazioni elettorali nello Stato ebraico e sancita la conferma di Benyamin Netanhyahu alla sua guida, la situazione al confine con la Striscia, che apparentemente era sotto controllo, invece è degenerata in poco tempo.
A nulla, infatti, è valso il leggero allentamento del blocco israeliano imposto al territorio palestinese, poiché nella giornata di venerdì, in occasione dell’ormai consueta “marcia del ritorno”, nello scontro a fuoco che ha avuto luogo al confine di Khan Younis sono stati uccisi due militari di Tsahal che erano in pattuglia e altri due feriti (uno è una ragazza). L’attacco ha provocato la reazione dei carri armati, che hanno bersagliato con le loro bocche da fuoco le postazioni di Hamas.
Le forze israeliane erano state precedentemente allertate riguardo a possibili colpi di mano palestinesi a ridosso del confine, come lanci di missili anticarro e tentativi di sequestro di militari in servizio, un’ipotesi corroborata dalla un fonte non identificata che, a nome di Hamas, ha contattato il quotidiano Haaretz per mettere in guardia Israele riguardo all’escalation, asseritamente causata dai ritardi nell’applicazione dei termini dell’intesa per il cessate il fuoco, principalmente dei trasferimenti di milioni di dollari erogati dal Qatar al governo di Hamas.
A seguito degli attacchi il comando delle forze di difesa ha dato istruzioni ai residenti nelle aree colpite di rimanere vicino ai rifugi e agli spazi protetti, inoltre sono state limitate le riunioni di persone sia all’aperto che negli spazi chiusi e sospeso il lavoro agricolo nei campi. Numerose municipalità del Paese hanno aperto i rifugi, mentre strade, spiagge e parchi nazionali nel sud del Paese o sono state chiuse oppure temporaneamente interdette al pubblico, gli eventi sportivi in calendario cancellati.
Gli incidenti sulla linea di confine. Gli scontri che hanno alimentato l’escalation sono avvenuti nel corso delle ricorrenti proteste lungo la barriera difensiva presidiata in forze dall’esercito israeliano, che nella giornata di venerdì hanno visto la concentrazione di migliaia di manifestanti palestinesi in cinque differenti siti. Alcuni di essi hanno poi attaccato i soldati lanciandogli contro sassi e ordigni esplosivi improvvisati, questi ultimi hanno successivamente risposto con il lancio di candelotti lacrimogeni e anche con il tiro delle armi da fuoco che avevano in dotazione. In alcuni casi sono state tentate delle infiltrazioni attraverso la barriera di confine.
Alla fine il bilancio dei palestinesi uccisi è stato di quattro, un terzo, un ragazzo diciannovenne, infatti, ha perso la vita durante la rivolta presso il confine, mentre un quarto è deceduto nella notte a causa delle ferite riportate negli scontri.
Quello di oggi è il più fitto lancio di razzi registrato da un mese a questa parte. Giovedì scorso una delegazione di Hamas guidata dal capo del gruppo di Gaza Yahya Sinwar si era recata al Cairo per discutere con gli egiziani riguardo a una tregua con Israele.
Dopo gli intensi combattimenti di aprile, Israele aveva accettato un alleggerimento del blocco in cambio di un arresto dei lanci di razzi, un accordo che incluse l’estensione della zona di pesca a largo della Striscia di Gaza, l’aumento delle importazioni nel territorio palestinese e la possibilità per il Qatar di sostenere Hamas.
Quest’ultima auspicava che i mediatori egiziani potessero alleviare ulteriormente i disagi imposti alla popolazione dal blocco, che ha devastato l’economia locale. Per oltre un anno, ogni venerdì l’organizzazione islamista ha organizzato manifestazioni di massa lungo la frontiera con lo Stato ebraico allo scopo di richiamare l’attenzione sulla situazione in atto.
Gli ultimi sviluppi sono noti, con la Jihad islamica che nelle ultime ore ha minacciato di colpire importanti obiettivi strategici nel territorio israeliano se l’aviazione di Gerusalemme non cesserà gli attacchi.
In un comunicato, l’organizzazione ha minacciato di attaccare la centrale nucleare di Dimona, l’aeroporto internazionale Ben Gurion e i porti di Ashdod e Haifa. Secondo la radio militare i voli da e per il più importante scalo aeroportuale civile del Paese sono stati deviati su un rotta settentrionale nello spazio aereo sovrastante la città di Natanya.
In serata è stata diffusa la notizia della chiusura di tutti i valichi con la Striscia di Gaza.