Due adolescenti, uno di quattordici anni e l’altro di sedici, hanno perso la vita a seguito delle ferite riportate negli scontri con la polizia bolivariana divampati nel corso delle manifestazioni di protesta contro il governo del presidente Nicolas Maduro il 30 aprile e il 1º maggio. I due ragazzi si aggiungono alle altre vittime, un giovane di ventiquattro anni morto ad Aragua e una donna di ventisette, che ha perso la vita nel quartiere della capitale di Altamira.
Lo ha reso noto l’organizzazione non governativa Ovcs (Observatorio Venezuelano di Conflictividad Social). Col decesso dei due ragazzi sale a quattro il bilancio delle vittime registrate in questi due ultimi giorni di tumulti.
Secondo fonti dell’opposizione, delle 97 manifestazioni svoltesi nella giornata del 1º maggio, 23 sarebbero state brutalmente represse dalle forze di sicurezza governative, con un conseguente bilancio – oltre ai quattro decessi finora registrati – di 130 feriti (nell’intero Venezuela) a causa di colpi di arma da fuoco e dell’effetto dei gas dei candelotti lacrimogeni sparati dalla polizia.
Contestualmente, nel Paese latinoamericano sale la tensione, con il leader dell’opposizione Juan Guaidó, autoproclamatosi presidente del Venezuela con il sostegno dell’amministrazione Trump, che, malgrado il suo fallito ultimo (e sanguinoso) «assalto finale contro l’usurpatore», punta all’escalation del confronto con il governo in carica.
Questo avveniva mentre il presidente venezuelano formalmente in carica – tuttavia secondo voci non confermate pronto a lasciare il paese – Nicolas Maduro, in uniforme militare e circondato da alti ufficiali delle forze armate a lui fedeli, annuncia pubblicamente a reti televisive unificate il fallimento del tentato colpo di stato ai suoi danni, l’artefice di quest’ultima azione, cioè Guaidó, punta all’escalation, proclamando lo sciopero generale al quale esorta la partecipazione anche dei dipendenti pubblici.
«Con il fallito golpe delle forze imperialiste – ha dichiarato dai teleschermi Maduro – l’opposizione voleva provocare l’intervento yankee nel nostro paese, ma li abbiamo respinti ancora una volta».
Intanto, nella stessa giornata di ieri, mentre a Caracas si sparava, le diplomazie di Usa e Russia si rinfacciavano le responsabilità per i drammatici sviluppi della situazione in Venezuela scambiandosi reciproche accuse.
Il segretario di stato americano Mike Pompeo, rivolgendosi al ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, ha accusato Mosca di destabilizzare il Paese latinoamericano, chiedendo nuovamente alla Russia di porre fine al sostegno che fornisce al governo bolivariano.
La risposta russa, giunta per bocca dello stesso Lavrov, non si è fatta attendere: «L’influenza esercitata dagli Usa sul Venezuela è distruttiva e non ha nulla a che fare con la democrazia».
Il ministro degli esteri russo ha inoltre duramente criticato le dichiarazioni del presidente americano Donald Trump e di Mike Pompeo relative a una possibile opzione militare diretta statunitense in territorio venezuelano, «la prosecuzione su questi passi aggressivi – ha aggiunto Lavrov – è gravida di conseguenze e soltanto il popolo venezuelano ha il diritto di decidere il proprio destino».
Anche i paesi che sostengono Maduro (come la Bolivia e Cuba) hanno condannato il tentativo di colpo di stato posto in essere da Guaidò, mentre il governo messicano ha espresso preoccupazione per il possibile aumento delle violenze di piazza. Più netto il messaggio giunto dalla Colombia, fondamentale alleato di Washington nella regione, poiché da Bogotà il presidente Ivan Duque ha addirittura esortato le forze armate di Caracas ha schierarsi contro il presidente Maduro, ponendosi in questo modo «sul lato giusto della storia».
Dal canto suo, il segretario generale dell’Onu António Guterres si è appellato alle parti in lotta affinché evitino il ricorso alla violenza, mentre l’Unione europea ha chiesto la massima moderazione al fine di evitare la perdita di ulteriori vite umane e l’escalation della tensione.
Per la giornata di domani è convocata una riunione di emergenza dei rappresentanti dei Paesi dell’America Latina aderenti al Gruppo di Lima.
Dal 2014 il Paese affronta una grave crisi economica, con un tasso di inflazione della moneta nazionale, il bolivar, oscilla tra il 700% e il 1.100% all’anno. La flessione del prezzo del petrolio, fondamentale risorsa economica per il Venezuela (costituisce infatti la quasi totalità delle entrate), ha provocato l’indisponibilità delle risorse necessarie al mantenimento del sistema di sicurezza sociale avviato ai tempi di Hugo Chávez Frias.
Stime della Caritas risalenti al febbraio scorso indicavano nella cifra di 280.000 i bambini soggetti a denutrizione, uno su tre di essi presentava inoltre danni fisici e mentali.