Non si arrestano le proteste in Algeria, dove anche quest’oggi i manifestanti si sono dati appuntamento
per un nuovo sit-in. Bersaglio delle marce pacifiche stavolta è il capo dell’Unione generale dei lavoratori (Ugta), Abdelamdjid Sidi Said il quale è ritenuto uno degli uomini più prossimi all’ex presidente Abdelaziz Bouteflika
“Mafioso”, “vattene via” e “liberate il sindacato” è quanto si può leggere sui cartelli portati dai manifestanti, sulle
immagini che circolano sul web. L’Ugta è l’unico sindacato nazionale finora riconosciuto dal governo.
Più in generale vari esponenti del movimento popolare continuano a chiedere le dimissioni del presidente ad interim Abdelkader Bensalah e del primo ministro Noureddine Bedoui.
Sempre oggi davanti al ministero della Cultura, si è radunato un gruppo composto da attori, artisti e lavoratori della cultura per chiedere che i fondi destinati alla promozione artistica siano ricalcolati, dopo quelli che definiscono 20 anni di “malagestione”.
Ieri, gli universitari erano tornati a marciare pacificamente nel centro di Algeri sia per festeggiare le dimissioni del
presidente del Consiglio costituzionale Tayeb Belaiz, che chiedere agli altri vertici istituzionali di fare altrettanto. E
tra i profili social degli algerini continua a circolare un video di pochi giorni fa che mostra manifestanti intonare “Bella ciao” cantando prima alcune strofe in italiano e poi in arabo.
Per i manifestanti intanto due buone notizie: ieri il capo delle Forze armate, Ahmed Gaid Salah, ha fatto un discorso alla nazione nel quale è tornato a ribadire il suo impegno a rispettare la Costituzione, tenendo però presente «anche altre strade possibili», al fine di «realizzare le rivendicazioni legittime del popolo» e continuerà a vigilare affinché «neanche una goccia di sangue venga versata». Stando ai media locali, con quest’ultima dichiarazione avrebbe voluto inviare, da un lato, un messaggio di distensione dopo gli scontri tra esercito e manifestanti di venerdì scorso e da un altro, facendosi garante dell’incolumità dei manifestanti «a nome dell’esercito», avrebbe “invitato” i militari a mettere da parte le maniere forti.
Un discorso che costituisce «un passo in avanti considerevole» secondo Mohamed Sai, capo dell’ordine degli avvocati, che insieme a quello dei magistrati ha lanciato un appello a boicottare le presidenziali del 4 luglio. Sai al quotidiano Tous sur l’Algerie ha detto che la Costituzione, da sola, «non può risolvere la crisi», quindi è «bene considerare altre vie». «Gaid Salah sta favorendo il dialogo tra le parti politiche – ha proseguito il capo degli avvocati – in particolare quelle appartenenti al movimento popolare, per stabilire un’agenda credibile e accettabile per i cittadini».
Altro punto a favore del movimento popolare sono le dimissioni del capo del Consiglio costituzionale, Tayeb Belaiz. Belaiz rappresenta una delle figure politiche parte del “nizam”, il “sistema” che si è costituito intorno all’ex presidente Abdelaziz Bouteflika nei suoi 20 anni al potere, e di cui le piazze chiedono la fine. Ministro per 16 anni, Belaiz ha ricoperto in seguito due mandati alla guida del Consiglio. Le sue dimissioni rappresentano un segnale importante: il Consiglio costituzionale è l’organo incaricato di approvare le candidature elettorali nonché a vigilare sulle procedure di voto. L’ordine degli avvocati e dei magistrati ha invitato la cittadinanza a boicottare le presidenziali di luglio perché, tra le altre cose, contesta la presenza di alleati di Bouteflika all’interno del Consiglio costituzionale.