ENERGIA, Eni. Attivo di bilancio, ricavi e dividendi per gli azionisti: la relazione di Descalzi a San Donato Milanese

Il consiglio di amministrazione dell’Eni ha approvato il bilancio consolidato e il progetto di bilancio di esercizio di per il 2018. La chiusura per il 2018 ha portato, rispettivamente, a un’utile netto di 4,126 miliardi e 3,173 miliardi di euro, confermando i risultati preliminari del pre-consuntivo comunicati il 15 febbraio scorso. Il consiglio ha deliberato la proposta di distribuzione di un dividendo pari a 0,83 euro per azione, dei quali 0,42  già distribuiti nella forma di acconto nel settembre 2018, ora si attende l’approvazione dell’Assemblea. Il dividendo a saldo di 0,411 euro per azione verrà messo in pagamento a partire dal 22 maggio prossimo, con stacco cedola due giorni prima.

La relazione finanziaria annuale relativa al 2018 è stata posta a disposizione del collegio sindacale e della società di revisione, essa – unitamente alle relazioni del collegio sindacale e della società di revisione – sarà disponibile al pubblico entro la prima decade del mese di aprile presso la sede sociale, sul sito web www.eni.com e con le altre modalità previste dalla normativa vigente.

Nella stessa riunione il consiglio ha approvato anche la dichiarazione consolidata di carattere non finanziario (DNF, inclusa successivamente nella relazione finanziaria annuale. La DNF illustra le attività del gruppo, il suo andamento, i risultati e l’impatto prodotto con riferimento ai temi ambientali, a quelli sociali e attinenti al personale, alla lotta al cambiamento climatico, al rispetto dei diritti umani e al contrasto del fenomeno della corruzione attiva e passiva. Inoltre, è stata approvata la relazione sul governo societario e gli assetti proprietari nonché la relazione sulla remunerazione, che verranno rese pubbliche presso la sede sociale e nella sezione “documentazione” del sito web della società secondo le modalità previste dalla legge, contestualmente alla pubblicazione della relazione finanziaria annuale 2018. Il consiglio di amministrazione ha poi convocato l’assemblea degli azionisti in sede ordinaria per il 14 maggio 2019.

 

Nell’illustrare il piano strategico per il 2022 il vertice della holding di Piazza Mattei ha annunciato l’avvio nel 2019 di un programma di “buy-back” (riacquisto delle proprie azioni sul mercato) per un ammontare di 400 milioni di euro, mentre per gli anni successivi – assumendo un leverage (“leva finanziaria” o “rapporto di indebitamento”, indice dell’indebitamento di un’azienda) stabilmente inferiore al 20% – per un ammontare di 400 milioni di euro con uno scenario di mercato che dovrebbe vedere il costo del Brent a 60-65 dollari al barile, o, in alternativa, di 800 milioni di euro qualora il prezzo del Brent dovesse attestarsi a quote maggiori di 65 dollari al barile.

La produzione è attesa in crescita fino al 2025. Secondo l’amministratore delegato Claudio Descalzi «nell’upstream continueremo a crescere in modo organico e, grazie alla grande quantità di nuovi permessi in bacini ad alto potenziale, puntiamo a realizzare 2,5 miliardi di barili di nuove risorse perforando 140 pozzi esplorativi nei quattro anni». La produzione, dunque, è destinata a crescere (nel periodo di Piano e oltre) del 3,5% su base annua, grazie all’avvio e al ramp-up dei nuovi progetti e ai numerosi FID (Final Investment Decision) approvati nel
prossimo futuro, pari a circa 3 miliardi di barili di olio equivalente di riserve. «Continueremo a mantenere una forte disciplina sugli investimenti – ha aggiunto l’amministratore delegato – e ci aspettiamo che i nostri nuovi progetti di sviluppo raggiungeranno il breakeven a un prezzo del greggio di 25 dollari al barile». In economia aziendale è il cosiddetto «punto di pareggio» (break even point o breakeven, acronimo “BEP”), valore indice della quantità di prodotto venduto (espressa in volumi di produzione o di fatturato) necessaria a coprire i costi precedentemente sostenuti dall’impresa, al fine di chiudere il periodo di riferimento senza profitti né perdite.

 

Rese note le aspettative relative agli utili operativi per il Middownstream (trasporto e stoccaggio degli idrocarburi estratti) che l’Eni dovrebbe conseguire entro la fine del piano, che secondo Descalzi salirà a due miliardi di euro, più del doppio rispetto ai livelli del 2018. «Grazie all’acquisizione del 20% della raffineria di Ruwais negli Emirati Arabi Uniti – ha proseguito l’ad Eni -, un impianto top-class a livello mondiale, abbiamo rafforzato il nostro business della raffinazione. Questa acquisizione ci ha consentito di aumentare la nostra capacità globale di raffinazione del 35%, e del 40% nel 2023, portando il breakeven del margine di raffinazione a 1,5 dollari al barile. Il GNL (gas naturale liquefatto) giocherà un ruolo cruciale nella nostra crescita futura e ci aspettiamo di raggiungere 14 milioni di tonnellate all’anno (MTPA) di volumi contrattualizzati entro il 2022 e 16 MTPA entro il 2025, segnando un aumento rispetto alle indicazioni del piano precedente».

L’Eni punta a una crescita nel settore delle energie rinnovabili in modo organico nel periodo del piano, mentre per quanto concerne l’aspetto della decarbonizzazione, essa – sempre secondo i vertici di Pazza Mattei – sarebbe parte preponderante delle ambizioni riguardo al futuro. «Affrontare la doppia sfida, da un lato di soddisfare i crescenti bisogni di energia e dall’altro di ridurre le emissioni in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, rappresenta una priorità strategica per il nostro consiglio di amministrazione. Come primo passo – ha concluso Descalzi – il nostro obiettivo è quello di eliminare le emissioni nette dell’upstream entro il 2030».

 

 

 

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