Perdurano le tensioni politiche nel Benin, la commissione elettorale ha respinto le contestazioni sollevate dai principali partiti di opposizione sulle prossime elezioni legislative del 28 aprile. Una pronuncia che segue il recente rifiuto di questi ultimi a partecipare, su invito del presidente della repubblica Patrice Talon, a una riunione consultiva sullo svolgimento della prossima consultazione elettorale.
Ottenendo nelle urne il 65% delle preferenze, Talon è stato eletto alla massima carica dello Stato africano nel marzo 2016. L’influente uomo d’affari divenuto presidente si è trovato ben presto ad affrontare le varie problematiche che affliggono il Paese, quali quelle relative alla crescita economica, la dilagante disoccupazione giovanile e la corruzione molto diffusa.
La fase di privatizzazioni che era stata avviata dalla precedente amministrazione al governo del Paese, quella presieduta da Boni Yayi, aveva suscitato forti polemiche e strenue resistenze. Chi si oppose alle politiche di privatizzazione ottenne – per merito o per effetto delle condizioni in cui versava il patrimonio pubblico – alcuni importanti risultati. Come nel caso della non florida società elettrica Societé Beninoise d’Energie Eletrique (SBEE), che non fu in grado di attrarre investimenti privati a causa della propria notevole esposizione debitoria. Allo stesso modo, anche la stessa privatizzazione della compagnia di telecomunicazioni Benin Telecoms rimane sulla carta.
Il programma di politica economica varato per il biennio 2016-17 prevedeva il rafforzamento della gestione della finanza pubblica e l’implementazione degli investimenti infrastrutturali mediante la realizzazione di strade, porti e di un nuovo aeroporto internazionale. Ma il requisito ritenuto essenziale per il conseguimento degli obiettivi economici era ed è la stabilità dell’esecutivo attualmente in carica, almeno per un periodo sufficientemente lungo da consentire la realizzazione dell’ambizioso piano di riforme elaborato a Porto Novo.
Affacciato sul Golfo di Guinea per 121 chilometri, il Benin è una stretta fascia di terra che si allunga per 668 chilometri verso l’entroterra continentale. Confinante col Togo a ovest, la Nigeria a est e Burkina Faso e Niger a nord, nel 2006 aveva una popolazione di quasi undici milioni di abitanti appartenenti alle etnie Fons (la maggioritaria nel Paese) e Adjas, entrambe cristiano-animiste e residenti nel meridione del Paese, dove sono dedite in massima parte all’agricoltura. Una corposa minoranza di religione islamica vive invece a nord.
Contesto politico, brevi cenni storici. Ottenuta nel 1960 l’indipendenza dalla Francia, il Benin è andato incontro a un periodo turbolento che ha preso avvio a partire dal colpo di stato militare del 1963. Nei nove anni successivi si sono susseguiti cinque colpi di stato, alternati nove governi e promulgate cinque costituzioni. Tutto questo fino al 1972, quando il colonnello Mathieu Kerekou ha assunto il controllo dello stato instaurando un regime di tipo marxista e ribattezzando nel 1974 il Paese (già Dahomey) col nome di Repubblica Popolare del Benin.
Nel 1989 il Benin ha abbandonato il marxismo ed è stata ristabilita la democrazia. Sconfitto nelle elezioni del 1991, Kerekou è tornato al potere dal 1996 fino al 2006, quando è stato eletto alla presidenza della repubblica Thomas Boni Yayi, un banchiere già al vertice della Banca Africana dello Sviluppo per oltre un decennio. Le elezioni del marzo 2011 hanno riconfermato il Presidente Boni Yayi per un ulteriore mandato di cinque anni. Le elezioni sono state ritenute regolari da missioni di osservazione, tra cui quella dell’ECOWAS-CEDEAO.
Alle elezioni Presidenziali del marzo 2016 e’ stato eletto, con il 65% delle preferenze, Patrice Talon, influente uomo d’affari attivo nel settore del cotone. Il governo Talon e’ ora chiamato ad affrontare i problemi collegati alla scarsa crescita economica, alla dilagante disoccupazione giovanile e alla corruzzione, assai diffusa nel Paese. Forte di una solida maggioranza in parlamento (61 deputati su 82) che sostiene le riforme del suo governo, egli ha avviato una politica riformista articolata su oltre quaranta linee-guida. Le successive elezioni legislative sono appunto previste nel 2019. Risultano fortunatamente ridotti gli attriti di natura politica, etnica e religiosa.
Relazioni internazionali. Dopo gli anni della Guerra Fredda, obiettivo primario in politica estera fu il riallacciamento di buoni rapporti con la comunità internazionale. In ambito ECOWAS (cioè la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale), con il presidente Kerekou che si distinse nelle iniziative di pace quali la soluzione della controversia fra Togo e Ghana e la violenta crisi liberiana e ivoriana.
In quest’ultimo caso l’impegno del Benin nella ricerca di soluzioni alla crisi istituzionale che ha investito la Costa d’Avorio a seguito delle elezioni presidenziali del 2010. Data l’ostilità del Presidente ivoriano uscente, Laurent Gbagbo, nel riconoscere la vittoria del suo avversario Alassane Ouattara, Porto Novo ha appoggiato l’ECOWAS, sostenitrice della necessità dell’uscita di scena di Gbagbo. Lo stesso presidente beninese Yayi fece parte della delegazione ECOWAS incaricata dei delicati contatti a livello di vertice a Yamoussoukro.
I rapporti con la confinante Nigeria si caratterizzano per le buone relazioni. Il gigante economico e demografico sopperisce a gran parte del fabbisogno petrolifero del vicino, assorbendone inoltre una cospicua quota di produzione agricola. L’interscambio di merci tra i due paesi è intenso, d’altro canto il porto di Cotonou supplisce all’insufficienza di quello di Lagos.
Le relazioni col Gabon, nel passato offuscate da attriti e incomprensioni tra i rispettivi leader, oggi sono migliorate. Un sostanziale miglioramento ha interessato anche i rapporti col Niger, soprattutto a seguito della risoluzione emessa dalla Corte internazionale di giustizia che ha posto fine alla controversia in atto a causa della rivendicazione di sovranità sui territori dell’isola di Lete e di altre quattordici piccole isole sul fiume Niger. Il 12 luglio 2005, la CIG ne ha attribuite nove al Benin e sedici (tra le quali l’estesa e fertile Lete) al Niger. I tradizionali buoni rapporti col Burkina Faso hanno registrato una lieve incrinatura a causa di una controversia relativa alla demarcazione frontaliera per alcune decine di chilometri nella regione orientale di Koualu. Nel 2010, la questione è stata rimessa al giudizio della Corte internazionale di giustizia dell’Aja.
L’India è il principale sbocco commerciale del Benin e la Cina il suo principale fornitore, seguita dalla Francia, ex potenza coloniale dominatrice. Porto Novo ha firmato con Nuova Delhi un accordo di cooperazione bilaterale nei campi politico, scientifico, tecnologico, culturale ed economico, che investe soprattutto i settori dei trasporti, farmaceutico, informatico, delle telemunicazioni e agricolo.
Accordi regionali. Il Benin partecipa ai seguenti organismi regionali africani: UEMOA (Unione Economica Monetaria Ovest-Africa), organizzazione formata da otto stati dell’Africa occidentale istituita il 10 gennaio 1994. Essa si pone l’obiettivo la promozione dell’integrazione economica tra gli Stati africani firmatari che condividono l’utilizzo del franco FCA; ECOWAS (Economic Community of West African States), comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, accord economico stipulato il 28 maggio 1975 da quindici paesi africani.
Nel 1996 il Benin è entrato a far parte del WTO. dei 138 paesi del mondo, l’indice Global Competitiveness del 2017 elaborato dal WTO ha collocato il Benin al 120° posto, in leggero miglioramento quindi rispetto al 124º posto registrare nel 2016.
Il Benin e l’Italia. I rapporti bilaterali tra Italia e Benin si inquadrano nella più ampia azione dell’Unione europea sui piani economico, politico e della cooperazione allo sviluppo. Le imprese italiane nel Paese africano sono attive soprattutto nei settori dei servizi e delle costruzioni. In particolare, la Roro Terminal della Grimaldi Group opera nel porto di Cotonou, maggiore scalo marittimo del Benin, dopo avere ottenuto, nel 2010, la gestione di un terminale grazie alla privatizzazione del settore.
L’interscambio commerciale tra Italia e Benin risulta comunque contenuto. Nel 2017 le esportazioni italiane sono state pari a 3,7 milioni di euro, facendo registrare una flessione del 7,7% rispetto all’anno precedente. Le importazioni italiane dal Benin sono state anch’esse trascurabili, ammontando a 5,2 milioni di euro, egualmente in calo rispetto al 2016 del 22,8 per cento. I principali prodotti esportati dall’Italia sono stati carne, macchine per impieghi speciali, e medicinali, quelli invece importati sono stati prodotti agricoli e legno.
Politica economica. Il governo di Porto Novo ha stipulato un accordo di durata triennale con il Fondo monetario internazionale che lo rende destinatario di aiuti nella forma di Extended Credit Facility (ECF), questo a fronte dell’applicazione delle progressive fasi previste del programma concordato con l’istituzione finanziaria internazionale. Esso si concentra su una serie di riforme volte a rafforzare la gestione finanziaria e a ridurre il debito pubblico nazionale anche attraverso una ristrutturazione della locale agenzia pubblica di gestione del debito.
Come accennato, i piani infrastrutturali pubblici varati dal governo procedono con notevoli ritardi dovuti agli stringenti vincoli burocratici e alle difficoltà derivanti dalla difficile garanzia di sufficienti finanziamenti. Priorità dell’esecutivo è la realizzazione di assi di comunicazione interni, in quanto su di essi risiedono quindi le maggiori aspettative relative al sostegno estero nella forma degli aiuti finanziari e degli investimenti. Il piano biennale prevede il rafforzamento della gestione della finanza pubblica e, appunto, l’implementazione degli investimenti infrastrutturali mediante la realizzazione di strade, porti e di un nuovo aeroporto internazionale. Si comprende quindi facilmente come tali iniezioni di capitali risulterebbero strategiche ai fini della crescita economica del Paese. Tuttavia, sebbene le relazioni con i donatori internazionali siano stabili, il rallentamento della crescita cinese e il limitato mercato interno incidono negativamente sui già ridotti investimenti diretti esteri. Di conseguenza le riforme concepite per ridurre gli effetti distorsivi generati dal dilagante fenomeno della corruzione e dalla farraginosa macchina burocratica – che unitamente ai limiti infrastrutturali costituiscono le principali criticità del Benin – procedono con lentezza.
Imposizione fiscale. L’aliquota massima dell’imposta sul reddito è del 35%, mentre quella sulle società è del 30%, con le compagnie petrolifere soggette a un tasso del 45 per cento. Vigono anche altre imposte basate sul valore aggiunto (Iva). L’onere fiscale complessivo è pari a 16,2% del Pil, a fronte di una spesa pubblica che ha raggiunto il 21,6%, nonostante il complessivo aumento dei deficit. La struttura fiscale rimane vulnerabile a causa della forte dipendenza dalle esportazioni di materie prime.
Economia. L’economia del Benin si basa sulla coltivazione del cotone e sul terziario dell’area della città portuale di Cotonou, mentre la produzione industriale è del tutto limitata. Nel 2017 il Pil è stato pari a 9,2 miliardi di dollari, in crescita del 5,3% rispetto agli 8,6 miliardi di dollari del 2016. Il settore agricolo costituisce il 25,6% del Pil, l’industria il 23,4%, il terziario il 51,4% (dati EIU del marzo 2018). Le principali esportazioni beninesi (in termini percentuali sul valore totale) sono il cotone (14,0%), gli anacardi (6,7%) e il cemento (0,8%).
Insieme alla produzione del cemento (legata in buona parte alle costruzioni e ai piani infrastrutturali) la trasformazione del cotone caratterizza la produzione beninese, seppure risenta degli andamenti stagionali e dell’accresciuta concorrenza da parte dei produttori asiatici. Come rilevato, permangono scarsi gli investimenti privati, carenti le infrastrutture energetiche e quelle dei trasporti. Il 51,1% del PIL viene dunque dal terziario, settore fisicamente concentrato nell’area del porto di Cotonou dal quale derivano allo Stato elevati introiti di natura fiscale. Il Pil pro capite è cresciuto dai 777 dollari del 2016 agli 821 del 2017, tuttavia, l’incremento demografico registrato nello stesso periodo nel Paese – la popolazione è passata dai 10,9 milioni del 2016 agli 11,2 del 2017 – ha fortemente mitigato l’incremento del reddito pro capite.
L’EIU ha stimato le esportazioni nel 2017 a 1.974 milioni di dollari (contro i 1.774 del 2016) e le importazioni per 2.787 milioni in crescita rispetto ai 2.443 del 2016. Il tasso d’inflazione è passato dal -0,8% del 2016 allo 0.1% del 2017. Il Pil è previsto in forte crescita, circa del 6%, nel biennio 2018-2019
Se le prospettive di breve termine appaiono positive, non mancano tuttavia alcuni fattori di rischio che rendono problematico il futuro. Al riguardo preoccupano le imprevedibili condizioni metereologiche a causa dei loro possibili effetti perniciosi sulla produzione agricola e, dunque, sulle decisioni in materia di politica commerciale verso la Nigeria, primo mercato di sbocco delle esportazioni beninesi. I principali mercati di destinazione dell’export beninese sono quelli di Bangladesh (5,4%), India (3,3%), Ucraina (2,8%), Niger (2,4%), mentre i principali fornitori sono:Thailandia (18,3%), India (15,9%), Francia (8,4%) e Cina (7,5%). Gli investimenti diretti esteri restano molto limitati, in media inferiori al 2% del Prodotto interno lordo.
Importazioni. I generi alimentari costituiscono la principale voce dell’import beninese, pari al 38,7% del totale, i prodotti chimici rappresentano la terza voce, circa 6,1% del totale; l’agricoltura è oggi la principale attività economica praticata nel paese, diverse sono quindi le opportunità che si aprono per le imprese industriali produttrici di macchinari per il movimento e il trasporto della terra. Anche l’abbigliamento è in crescita, forte anche dell’incremento demografico. Le opportunità nel settroesi rinvengono nella fascia medio bassa dei potenziali consumatori, tenuto conto delle limitate disponibilità in termini di potere d’acquisto della maggior parte della popolazione. La domanda di arredi, sia per la casa che per l’ufficio, è in costante crescita. Il mercato beninese offre opportunita’ per le produzioni di arredi a basso costo.
L’economia del Benin dipende fortemente dal commercio informale di riesportazione e transito con la Nigeria (che rappresenta circa il 20% del suo prodotto interno lordo), e dall’agricoltura. La crescita del Pil è salita dal 4,0% nel 2016 al 5,6% nel 2017 (+2,7% pro capite), spinto da un settore agricolo vivace, alimentato da una produzione di cotone record, da un aumento degli investimenti pubblici (in particolare le infrastrutture) e dai forti risultati del settore dei servizi dovuti alla ripresa economica in Nigeria.
L’inflazione è diventata positiva e ha raggiunto in media lo 0,1% nel 2017 (contro il -0,8% del 2016) a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio e dei prodotti alimentari. Il disavanzo delle partite correnti è aumentato – dal 9% nel 2016 al 11,00 % nel 2017-a causa dell’impatto delle infrastrutture e delle importazioni connesse all’energia. Le esportazioni sono aumentate più rapidamente del PIL, ma ad un ritmo più lento delle importazioni. Il disavanzo primario si è ridotto dal 4,8% del PIL nel 2016 al 3,9% nel 2017. Tuttavia, il disavanzo di bilancio complessivo è sceso solo lievemente—dal 6,0 per cento del PIL nel 2016 al 5,9 per cento nel 2017—a causa dell’onere degli interessi più elevati.
Contesto Sociale. Nonostante una crescita moderata del PIL dal 4% al 5% annuo negli ultimi due decenni, la povertà resta una piaga ancora diffusa a causa della crescita limitata in termini pro capite (di appena l’ 1,6% nel periodo 2006-2016. In genere, le donne patiscono una maggiore mancanza di opportunità economiche e sono sottorappresentate nelle posizioni apicali del potere decisionale. I settori dell’istruzione e della sanità assorbono una quota significativa della spesa pubblica (in media il 23% è destinato all’istruzione e il 7% alla sanità), ma si registrano squilibri nella loro allocazione geografica, nonché inefficacia e scarsa efficienza nella gestione dei due settori.
Il Benin è vulnerabile agli shock esogeni: condizioni meteorologiche avverse, fluttuazioni dei prezzi del cotone e del petrolio e sviluppi della situazione nella confinante Nigeria, principale partner commerciale e maggiore fonte economica in ragione della quota di esportazioni ivi destinata (l’80%). L’uscita della Nigeria dalla recessione, avvenuta nel settembre 2017, ha portato a un incremento delle attività economiche con positivi riflessi sul Benin.
Economia, criticità: dipendenza dalla filiera del cotone. L’eccessiva dipendenza dal settore del cotone ha esposto l’economia del Paese ad importanti rischi legati alle fluttuazioni del prezzo del prodotto sui mercati internazionali. Malgrado si trovi esposta alle intemperie, la produzione di cotone grezzo ha registrato negli ultimi anni un notevole incremento: nel 2017 è stata pari a 400.000 tonnellate, mentre per il 2019 ne viene prevista una produzione prossima alle 500.000 tonnellate. Il Benin è il quarto esportatore di cotone in Africa alle spalle di Burkina Faso, Mali e Costa d’Avorio.
Criticità, pirateria. Negli ultimi anni ha assunto crescente importanza il fenomeno della pirateria al largo delle coste beninesi, come per altro, in generale in tutto il Golfo di Guinea. Essa è praticata principalmente ai danni di navi battenti bandiere di stati esteri con carichi di prodotti petroliferi raffinati. I sequestri avvengono allo scopo di impadronirsi del carico che poi viene ricollocato sul mercato nero, principalmente in Nigeria.
Nel febbraio del 2018 una petroliera indiana con a bordo ventidue membri di equipaggio è scomparsa nel Golfo di Guinea al largo delle coste del Benin. Un episodio avvenuto a meno di un mese dal sequestro, avvenuto nella stessa zona, di un’altra nave, rilasciata soltanto dopo il pagamento di un riscatto; secondo l’Ufficio marittimo internazionale, il Golfo di Guinea è la zona più pericolosa al mondo in termini di atti di pirateria, addirittura più della stessa Somalia.