La Commissione europea ha ampliato l’elenco degli stati che omettono di contrastare il fenomeno del finanziamento alle organizzazioni terroristiche e il riciclaggio del denaro di provenienza illecita. Tra i nuovi paesi attenzionati da Bruxelles figura l’Arabia Saudita, che va quindi ad aggiungersi alla lista nera formata dagli altri ventidue. La decisione è stata presa a seguito dei diversi scandali che negli ultimi mesi hanno coinvolto alcuni istituti bancari europei. Una forma di prevenzione necessaria, che tuttavia ha immediatamente suscitato le critiche di diversi portatori di interessi, non ultimi alcuni stessi stati dell’Unione, preoccupati per le conseguenze sui loro stretti rapporti negli ambiti finanziario e commerciale con la monarchia degli al-Saud.
«I soldi sporchi sono la linfa vitale della criminalità organizzata e del terrorismo», ha affermato Věra Jourová, Commissario europeo per la Giustizia, che ha poi esortato i paesi non in regola a mettere fine al più presto alle loro carenze nei controlli. Gli stati membri dell’Ue dovranno confermare la validità di questa “lista nera” approvandola nel termine previsto di un mese prorogabile per altri trenta giorni, delibera che, comunque, potrebbe venire respinta solo con una maggioranza qualificata. L’inclusione nell’elenco non comporta sanzioni, però obbliga le banche europee a effettuare controlli più stringenti sulle transazioni effettuate con soggetti e istituzioni di quei paesi. In una dichiarazione pubblica resa giovedì scorso, il ministro delle finanze saudita Mohammed al-Jadaan ha criticato la decisione europea, affermando che per Riyadh «L’impegno nella lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo resta una priorità strategica».
Da Teheran i rivali regionali dei sauditi non hanno perso tempo per rimarcare il coinvolgimento di Riyadh nelle attività di destabilizzazione a livello globale. In una dichiarazione rilasciata all’agenzia di stampa Irna, il portavoce del ministero degli esteri della Repubblica islamica Bahram Qasemi ha affermato che i sauditi sono dietro il terrorismo e che «invece di dare la colpa agli altri e cercare di distogliere le attenzioni dell’opinione pubblica dalle loro responsabilità nella formazione e nel finanziamento di gruppi spietati, dovrebbero rispondere del terrorismo radicato all’interno delle istituzioni del loro paese, nonché dei crimini commessi nello Yemen e in altri paesi della regione e del mondo sostenendo il terrorismo. Le organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno più volte sottolineato l’opinione pubblica sulle violazioni dei diritti umani dell’Arabia Saudita – ha concluso Qasemi – ma il paese riceve ancora il sostegno degli Usa e dell’Occidente»