AFRICA, economia. Mayaki (NEPAD): «A un africano la presidenza della Banca Mondiale»

Dopo l’annuncio il 7 gennaio scorso delle dimissioni dell’americano Jim Yong Kim da presidente della Banca Mondiale, il dibattito sul successore ha aperto nuove prospettive mettendo in discussione la regola non scritta secondo cu il presidente della Banca Mondiale è nominato dal governo degli Stati Uniti.

“La presidenza della Banca Mondiale deve essere affidata ad un africano” lo afferma Ibrahim Assane Mayaki l’Amministratore Delegato di Nepad (Agenzia di pianificazione e coordinamento della Nuova partnership per lo sviluppo dell’Africa) che contesta la regola non scritta secondo cui un americano succeda a Jim Yong Kim come capo dell’istituzione, perché i tempi sono maturi per un cambiamento epocale.

Questa disputa è sintomo da un lato di una rottura di vecchi e consolidati equilibri economici e politici figli del Novecento (la Banca Mondiale è stata creata nel 1945) che vedeva l’Occidente e in primis gli Stati Uniti fautori di un modello di sviluppo di stampo liberistico in grado di egemonizzare l’economia globale.

Ora abbiamo un mondo che è cambiato sia dal punto degli scenari politici – ad iniziare dal crollo dell’URSS e con la fine del blocco dei Paesi dell’Est – sia dal punto di vista dei nuovi assetti economici che vedono il ruolo sempre piè crescente dell’Asia e in particolare della Cina come nuovo centro di sviluppo dell’economia mondiale. Se a tutto questo aggiungiamo il ruolo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) paesi che condividono tra loro risorse naturali strategiche e caratterizzati da una forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale, la questione di chi dovrà succedere alla Banca Mondiale non è così scontata come lo poteva essere qualche decennio fa.

Inoltre la Banca mondiale non rappresenta più per il continente africano l’unica fonte per accedere al mercato finanziario ed anche esso sta sempre più diventando il luogo dove vi saranno nei prossimi anni importanti investimenti in infrastrutture e importanti sviluppi sociali ed economici, quali la riduzione della povertà, la trasformazione dell’agricoltura, l’accesso all’energia e una urbanizzazione rapidissima oltre ad importanti mutamenti climatici.

Pertanto la questione della elezione del presidente della Banca Mondiale assume valore strategico e simbolico specie adesso che, con la presidenza di Donald Trump, muta la politica estera statunitense che mette sempre più in discussione le istituzioni multilaterali. Ibrahim Assane Mayaki sottolinea che è necessario che sia finalmente una persona del continente africano a guidare la Banca Mondiale, perché maggiormente credibile nel confrontarsi con i governi dei paesi in via di sviluppo senza così essere accusato di imperialismo o neocolonialismo.

In questo modo la scelta di un candidato proveniente da un paese del Sud in un’istituzione storicamente settentrionale manderebbe un messaggio forte in direzione di una globalizzazione più equilibrata riconoscendo l’emergere di nuovi equilibri nell’economia mondiale.

Come ribadisce su twitter Ibrahim Assane Mayaki “poiché il ruolo di presidente della Banca Mondiale è un ruolo politico ed ha lo status di un quasi-capo di Stato è giunto il tempo che la sua leadership sia affidata ad un africano”.

Fonte: Le monde, 5 feb 2019

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